Arcole e la battaglia napoleonica
Arcole, alla fine del Settecento, era un piccolo comune di 20 kmq di superficie, pari a circa 6.958 campi veronesi. Lo attraversava l’Alpone, fiume torrentizio che sulla riva destra alimentava una secolare palude nella quale 1.500 campi erano coltivabili solo in parte a riso.
Dalle cronache del tempo si apprende che “il villaggio di circa mezzo miglio di circonferenza, situato in piano, presso il fiume Alpone tre miglia sotto San Bonifacio, era costituito da 130 case, una chiesa, un oratorio e popolato da 600 abitanti…”.
Nel corso della battaglia napoleonica lungo l’Alpone, da San Bonifacio ad Albaredo, si era posizionata la brigata austriaca del tenente colonnello Brigido, mentre sulle case a lato del ponte, sulla riva sinistra, si erano barricati due battaglioni di Valacchi o Rumeni: “il conte Brigido appostò, quindi, i suoi cannoni puntati contro la diga dove passava la colonna nemica, pronti a far fuoco, e mise due compagnie del secondo battaglione ad occupare le case che stavano di fianco al ponte, le quali, durante la notte erano state barricate e preparate con l’apertura di feritoie.” La storia narra che i Valacchi fossero chiamati “soldati Dayma” dai Francesi e che il soprannome fosse stato dato proprio ad Arcole. “Da-i, ma! Da-i, ma!” significava “dateci dentro”. Era il grido della fanteria quando le munizioni erano esaurite.
Il comando austriaco aveva inoltre dislocato un battaglione di Croati, dotati di artiglieria, nella villa Pellegrini detta la "Decima", situata in via Rosario, all’epoca di proprietà dei Malaspina. I Croati, che si trovavano sulla sinistra dell'Alpone, opposero una fiera resistenza contro la sponda opposta dove si trovavano i Francesi. Il monumentale portale merlato, di accesso alla corte della villa, è ancora oggi nominato come “l’arco dei Croati”, proprio per la presenza di questi soldati durante la battaglia.
Adiacente al portale di villa Pellegrini vi è Palazzo Ruffo. Nei giorni della battaglia napoleonica il palazzo venne utilizzato dalle truppe austriache come alloggiamento e quindi preso di mira dall’esercito francese. Nella facciata sud sono infatti ancora visibili i fori causati dalle pallottole dei soldati francesi sparati probabilmente nel corso del primo e del terzo giorno di battaglia.
Poco lontano sorge ancora oggi la chiesa arcipretale di Arcole, dedicata a San Giorgio. La chiesa è raffigurata nel noto dipinto del Bagetti, che ritrae una scena della battaglia. A fianco della chiesa esisteva un antico campanile, crollato nel 1950, che fu usato dalle truppe austriache come punto di osservazione del territorio.
Arcole, alla fine del Settecento, era un piccolo comune di 20 kmq di superficie, pari a circa 6.958 campi veronesi. Lo attraversava l’Alpone, fiume torrentizio che sulla riva destra alimentava una secolare palude nella quale 1.500 campi erano coltivabili solo in parte a riso.
Dalle cronache del tempo si apprende che “il villaggio di circa mezzo miglio di circonferenza, situato in piano, presso il fiume Alpone tre miglia sotto San Bonifacio, era costituito da 130 case, una chiesa, un oratorio e popolato da 600 abitanti…”.
Nel corso della battaglia napoleonica lungo l’Alpone, da San Bonifacio ad Albaredo, si era posizionata la brigata austriaca del tenente colonnello Brigido, mentre sulle case a lato del ponte, sulla riva sinistra, si erano barricati due battaglioni di Valacchi o Rumeni: “il conte Brigido appostò, quindi, i suoi cannoni puntati contro la diga dove passava la colonna nemica, pronti a far fuoco, e mise due compagnie del secondo battaglione ad occupare le case che stavano di fianco al ponte, le quali, durante la notte erano state barricate e preparate con l’apertura di feritoie.” La storia narra che i Valacchi fossero chiamati “soldati Dayma” dai Francesi e che il soprannome fosse stato dato proprio ad Arcole. “Da-i, ma! Da-i, ma!” significava “dateci dentro”. Era il grido della fanteria quando le munizioni erano esaurite.
Il comando austriaco aveva inoltre dislocato un battaglione di Croati, dotati di artiglieria, nella villa Pellegrini detta la "Decima", situata in via Rosario, all’epoca di proprietà dei Malaspina. I Croati, che si trovavano sulla sinistra dell'Alpone, opposero una fiera resistenza contro la sponda opposta dove si trovavano i Francesi. Il monumentale portale merlato, di accesso alla corte della villa, è ancora oggi nominato come “l’arco dei Croati”, proprio per la presenza di questi soldati durante la battaglia.
Adiacente al portale di villa Pellegrini vi è Palazzo Ruffo. Nei giorni della battaglia napoleonica il palazzo venne utilizzato dalle truppe austriache come alloggiamento e quindi preso di mira dall’esercito francese. Nella facciata sud sono infatti ancora visibili i fori causati dalle pallottole dei soldati francesi sparati probabilmente nel corso del primo e del terzo giorno di battaglia.
Poco lontano sorge ancora oggi la chiesa arcipretale di Arcole, dedicata a San Giorgio. La chiesa è raffigurata nel noto dipinto del Bagetti, che ritrae una scena della battaglia. A fianco della chiesa esisteva un antico campanile, crollato nel 1950, che fu usato dalle truppe austriache come punto di osservazione del territorio.