La piazza Francesco Poggi
L’attuale piazza, intitolata a Francesco Poggi, ebbe origine da una primitiva corte dominicale realizzata nel corso del XV secolo, da un ramo della famiglia Pellegrini. Essa era posta a ridosso dell’antico centro abitato di Arcole, dove si congiungevano le strade che portavano l’una verso San Bonifacio detta Strada Comunale delle Fontanelle (l’attuale via Molinazzo), l’altra verso Gazzolo detta Strada Comunale dell’Olmo (l’attuale via Roma), a poca distanza dalle proprietà terriere situate al di là dell’Alpone, nella valle zerpana. La corte dominicale era delimitata da un muro di recinzione, entro il quale era ubicata la “casa da paron”, che le conferiva una certa importanza, con accanto la stalla e l’abitazione del carrettiere. Poco discoste da queste, verso levante, in una seconda corte rusticale chiusa in parte da muro ed in parte da canne, vi era un’altra abitazione per il gastaldo ed una barchessa grande di quattro chiusi. Già nei primi decenni del seicento, quando diventa di proprietà della famiglia Maffei, la corte si caratterizza, nell’assetto distributivo e nei suoi caratteri architettonici, come una “corte da riso”. Una strada, delimitata da due fossati, separava il brolo grande (o brolo da casa), posto a levante ed avente una superficie di quasi 18 campi, dal broletto di poco più di 2 campi, posto a ponente verso le case del risaro.
A seguito dei consistenti investimenti fondiari attuati dagli Ottolini fra il 1678 ed il 1720 venne realizzata, probabilmente negli anni venti-trenta del settecento, una radicale ristrutturazione della corte rusticale per dotarla di strutture adeguate alla nuova situazione aziendale. Vennero quindi attuati alcuni interventi di notevole importanza quali la costruzione dell’imponente barchessa e di una nuova aia da risi.
L’aia è sinteticamente descritta in una relazione del 1920, a firma del tecnico comunale ing. L. Martinelli: “…in corrispondenza del fabbricato e nella sua parte di mezzodì si stende un’ampia aia di cotto, già usata per soleggiare e seccare i prodotti agricoli. E’ costituita da numerosi pioventi pavimentati a tavelle di cotto per buona parte ricuperabili e contornata da muretti di cotto in coltello. Tale aia è circondata per tre lati da strada selciata e per l’altro da corsia di cotto e lastre di pietra viva.” Si stendeva su un’ampia superficie di forma quadrata, con i lati di m.l. 60,5 x 60,5 ed un’estensione di circa mq. 3.660. Fino ai primi decenni del Novecento l’aia era chiusa e separata dalla strada comunale su due lati da un muro di cinta, alto circa m. 2,60 e realizzato con mattoni di cotto misto a pietra, come riportato nella relazione dell’Ing. Martinelli, oltrechè testimoniato da alcuni tratti superstiti.
Il muro di cinta era intervallato da una decina di alti pilastri, sormontati da pregevoli statue. Di queste soltanto due sono rimaste in sito, mentre le altre furono fatte trasferire dalla famiglia Poggi nel parco della loro villa ad Affi. In articolo, apparso su L’Arena nel 1912, si legge che “da qualche tempo, per ordine dei sig. fratelli Poggi, furono levate le statue settecentesche che ornavano la Piazza del paese dedicata alla memoria del compianto Francesco Poggi che di Arcole fu per tanti anni sindaco benemerito. Il fatto ha addolorato profondamente la popolazione, non tanto per il valore artistico delle statue (figure mitologiche rappresentanti: Cerere, Bacco, Ercole e due gruppi rappresentanti il Ratto delle Sabine) tanto per la piazza stessa che ora appare spoglia o disadorna. Non si potrebbe sperare almeno in una adeguata sostituzione?”.
Una statua si trova in corrispondenza dell’angolo sud-ovest della barchessa e raffigura un giovinetto, da alcuni ritenuto il dio Bacco infante, che poggia il piede su una botticella di vino, mentre tiene un calice sulla coscia della stessa gamba. L’altra, inclusa nella recinzione di proprietà Pizzolo, raffigura la dea Cerere che sorregge la cornucopia, simbolo di abbondanza e fertilità.
Alla corte ed alla villa padronale si accedeva attraverso un monumentale ingresso, che si apriva a sud sulla “Strada comunale dell’Olmo”, delimitato da due imponenti pilastri, sormontati da statue, e da un cancello in ferro battuto. Un ingresso secondario, utilizzato per accedere direttamente all’aia ed alla barchessa, si apriva ad ovest, sulla Strada Comunale delle Fontanelle (attuale via Molinazzo), ed era anch’esso individuato da una coppia di pilastri e da un cancello in ferro battuto. Il muro di cinta e gli ingressi rappresentavano un forte segnale di dominio, di delimitazione territoriale, un elemento architettonico che trasmetteva l’idea del rango del proprietario a chi accedeva alla corte. Le stesse statue superstiti riflettevano, molto probabilmente, un’immagine di ricchezza (riferita alla dea Cerere), di divertimento e benessere (come possono ricordare le feste in onore al dio Bacco), che gli Ottolini volevano esternare alla gente locale.
L’aia ed il muro di cinta vennero demoliti nel 1921 per far spazio al nuovo Parco della Rimembranza e ad un ampio piazzale, intitolato a Francesco Poggi. Ciò rientrava nel progetto del 1920, firmato dall’ing. Martinelli su incarico del Comune di Arcole (per iniziativa dell’intraprendente segretario Giovanni Battelli) finalizzato a ricavare nella barchessa 17 alloggi popolari da assegnare alle famiglie più bisognose ed al tempo stesso a togliere “l’inconveniente ora tanto lamentato dell’attuale svolta stradale, della strettezza della traversa, e segnare la resurrezione estetica ed edile del Capoluogo di Arcole”.
L’attuale piazza, intitolata a Francesco Poggi, ebbe origine da una primitiva corte dominicale realizzata nel corso del XV secolo, da un ramo della famiglia Pellegrini. Essa era posta a ridosso dell’antico centro abitato di Arcole, dove si congiungevano le strade che portavano l’una verso San Bonifacio detta Strada Comunale delle Fontanelle (l’attuale via Molinazzo), l’altra verso Gazzolo detta Strada Comunale dell’Olmo (l’attuale via Roma), a poca distanza dalle proprietà terriere situate al di là dell’Alpone, nella valle zerpana. La corte dominicale era delimitata da un muro di recinzione, entro il quale era ubicata la “casa da paron”, che le conferiva una certa importanza, con accanto la stalla e l’abitazione del carrettiere. Poco discoste da queste, verso levante, in una seconda corte rusticale chiusa in parte da muro ed in parte da canne, vi era un’altra abitazione per il gastaldo ed una barchessa grande di quattro chiusi. Già nei primi decenni del seicento, quando diventa di proprietà della famiglia Maffei, la corte si caratterizza, nell’assetto distributivo e nei suoi caratteri architettonici, come una “corte da riso”. Una strada, delimitata da due fossati, separava il brolo grande (o brolo da casa), posto a levante ed avente una superficie di quasi 18 campi, dal broletto di poco più di 2 campi, posto a ponente verso le case del risaro.
A seguito dei consistenti investimenti fondiari attuati dagli Ottolini fra il 1678 ed il 1720 venne realizzata, probabilmente negli anni venti-trenta del settecento, una radicale ristrutturazione della corte rusticale per dotarla di strutture adeguate alla nuova situazione aziendale. Vennero quindi attuati alcuni interventi di notevole importanza quali la costruzione dell’imponente barchessa e di una nuova aia da risi.
L’aia è sinteticamente descritta in una relazione del 1920, a firma del tecnico comunale ing. L. Martinelli: “…in corrispondenza del fabbricato e nella sua parte di mezzodì si stende un’ampia aia di cotto, già usata per soleggiare e seccare i prodotti agricoli. E’ costituita da numerosi pioventi pavimentati a tavelle di cotto per buona parte ricuperabili e contornata da muretti di cotto in coltello. Tale aia è circondata per tre lati da strada selciata e per l’altro da corsia di cotto e lastre di pietra viva.” Si stendeva su un’ampia superficie di forma quadrata, con i lati di m.l. 60,5 x 60,5 ed un’estensione di circa mq. 3.660. Fino ai primi decenni del Novecento l’aia era chiusa e separata dalla strada comunale su due lati da un muro di cinta, alto circa m. 2,60 e realizzato con mattoni di cotto misto a pietra, come riportato nella relazione dell’Ing. Martinelli, oltrechè testimoniato da alcuni tratti superstiti.
Il muro di cinta era intervallato da una decina di alti pilastri, sormontati da pregevoli statue. Di queste soltanto due sono rimaste in sito, mentre le altre furono fatte trasferire dalla famiglia Poggi nel parco della loro villa ad Affi. In articolo, apparso su L’Arena nel 1912, si legge che “da qualche tempo, per ordine dei sig. fratelli Poggi, furono levate le statue settecentesche che ornavano la Piazza del paese dedicata alla memoria del compianto Francesco Poggi che di Arcole fu per tanti anni sindaco benemerito. Il fatto ha addolorato profondamente la popolazione, non tanto per il valore artistico delle statue (figure mitologiche rappresentanti: Cerere, Bacco, Ercole e due gruppi rappresentanti il Ratto delle Sabine) tanto per la piazza stessa che ora appare spoglia o disadorna. Non si potrebbe sperare almeno in una adeguata sostituzione?”.
Una statua si trova in corrispondenza dell’angolo sud-ovest della barchessa e raffigura un giovinetto, da alcuni ritenuto il dio Bacco infante, che poggia il piede su una botticella di vino, mentre tiene un calice sulla coscia della stessa gamba. L’altra, inclusa nella recinzione di proprietà Pizzolo, raffigura la dea Cerere che sorregge la cornucopia, simbolo di abbondanza e fertilità.
Alla corte ed alla villa padronale si accedeva attraverso un monumentale ingresso, che si apriva a sud sulla “Strada comunale dell’Olmo”, delimitato da due imponenti pilastri, sormontati da statue, e da un cancello in ferro battuto. Un ingresso secondario, utilizzato per accedere direttamente all’aia ed alla barchessa, si apriva ad ovest, sulla Strada Comunale delle Fontanelle (attuale via Molinazzo), ed era anch’esso individuato da una coppia di pilastri e da un cancello in ferro battuto. Il muro di cinta e gli ingressi rappresentavano un forte segnale di dominio, di delimitazione territoriale, un elemento architettonico che trasmetteva l’idea del rango del proprietario a chi accedeva alla corte. Le stesse statue superstiti riflettevano, molto probabilmente, un’immagine di ricchezza (riferita alla dea Cerere), di divertimento e benessere (come possono ricordare le feste in onore al dio Bacco), che gli Ottolini volevano esternare alla gente locale.
L’aia ed il muro di cinta vennero demoliti nel 1921 per far spazio al nuovo Parco della Rimembranza e ad un ampio piazzale, intitolato a Francesco Poggi. Ciò rientrava nel progetto del 1920, firmato dall’ing. Martinelli su incarico del Comune di Arcole (per iniziativa dell’intraprendente segretario Giovanni Battelli) finalizzato a ricavare nella barchessa 17 alloggi popolari da assegnare alle famiglie più bisognose ed al tempo stesso a togliere “l’inconveniente ora tanto lamentato dell’attuale svolta stradale, della strettezza della traversa, e segnare la resurrezione estetica ed edile del Capoluogo di Arcole”.