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Le strade vicinali

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Le strade vicinali
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Oltre altre grandi arterie già descritte, i Romani realizzarono tra la fine del I secolo a. C. e l’inizio del II secolo d. C. una fitta rete di strade vicinales,
strade minori che collegavano i vari vicus sorti nel nostro territorio a seguito della colonizzazione e strade privatae, cioè strade private che collegavano
i vari fondi. Una strada di rilevante importanza e d’antica origine, ora coincidente con la strada provinciale Lonigo-San Bonifacio,
partiva dal centro di Lonigo e attraversava le località Madonna, Lobia, Prova, San Bonifacio e Villanova, dove s’immetteva nella via Postumia.
Questa strada, probabilmente risalente a epoca paleoveneta, delimitò a nord la centuriazione romana di cui tratteremo in seguito. Il De Bon ricorda
una strada rettilinea che partiva da Lobia verso gli Euganei, chiamata ancora agli inizi del Novecento “stradella
del diavolo” poiché erano così chiamate le strade romane dalle genti medievali, non sapendo altrimenti
giustificare le opere. Altro percorso romano era costituito da una strada che secondo il De Bon proveniva dal basso Orgiano e transitava
per S. Tomà, dove la strada s’incrociava con quella proveniente da Montagnana in direzione di Vicenza, per dirigersi verso Volpino. Lungo il
rettifilo ancor oggi esistente giungeva poi alla località Capitello di Gazzolo, dove s’incrociava con l’attuale strada della Selva.
Questa era una strada che partiva a nord dall’incrocio con la strada San Bonifacio-Lonigo, presso la località Colombara nella frazione di Prova e,
con un lungo rettilineo in direzione sud-ovest, toccava le località Capitello, Gazzolo d’Arcole, Crocette, Comparine, Casetta di San Gregorio, fino a
raggiungere la località Stradone dove intersecava perpendicolarmente il decumano massimo, ancor oggi chiamato “Strada Romana”.
Sempre nella zona di Arcole, altre vie vicinali dovevano corrispondere all’attuale strada che collega i centri di Santo Stefano di Zimella con le località
Marezzane e Crocette e quella che collega il centro di Bonaldo con Arcole, passando per via Bruso e Comparine.
E’ da segnalare anche l’ipotesi della Menegazzi, secondo la quale alcuni rinvenimenti recenti di tombe romane, ritrovate tra San Bonifacio, Arcole
e San Gregorio, lungo l’orlo delle scarpate fluviali, fanno pensare alla presenza di un percorso secondario di collegamento tra la via Postumia e la
via Porcilana o ad una vicinale ad essa collegata.
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La centuriazione romana del territorio
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Fondare una colonia, in un territorio appena conquistato, per i romani significava prima di tutto riorganizzarlo in modo più razionale e successivamente
creare un insediamento stabile, strettamente collegato alla campagna circostante. La limitatio, cioè la tipica forma di divisione romana del suolo mediante
limites, era il termine tecnico con il quale anticamente venivano designate le occupazioni realizzate dallo Stato
romano per dividere un territorio in parti da assegnare in proprietà ad una nuova comunità.
Per usare termini moderni, a noi più comuni e comprensibili, si può paragonarla a un vero e proprio “piano regolatore”, programmato e attuato secondo
norme di funzionalità, secondole necessità geografiche, socio-economiche
e politiche.
La limitatio non si limitava, infatti, solo alla fase strettamente tecnico-agrimensoria, costituita da operazioni di sistemazione idraulica, di disboscamento
o di preparazione del terreno per la coltivazione e nel dare un assetto alle terre da assegnare in proprietà ma, come un moderno piano regolatore,
regolava i rapporti del territorio con la città o il centro abitato cui si riferiva, definiva la rete viaria e gli altri “servizi” primari, secondo le esigenze
e delle risorse, costituendo la base su cui doveva modellarsi la configurazione economica e sociale della nuova comunità.
Con il termine centuriazione, corrispettivo moderno della limitatio, si suole indicare un valore più ampio di quello etimologico originario. Esso
deriva da centuria, la maglia di base della regolare divisione agraria, e designa il processo di occupazione di un territorio e la sua organizzazione per
consentire la vita sociale di una comunità in un ambito territoriale e un centro urbano nuovo.
Consisteva nella delimitazione del territorio in centurie, cioè in appezzamenti quadrati con lati lunghi circa 710 m. (20 x 20 actus, essendo un
actus equivalente a m. 35,52) e una superficie di 200 iugeri (uno iugerum aveva una superficie di mq. 2523 mq.) corrispondenti a oltre 50 ettari. Caratteristica essenziale della centuriazione romana era la regolarità geometrica che si determinava all’incrocio, ad angolo retto, delle linee di divisione.
Il modulo quadrato della centuria risultava dall’incrocio di linee rette parallele equidistanti (limites) ed allineate rispetto ai due assi di riferimento di tutto
il reticolo, tracciati per primi sul terreno una volta stabilito il punto (l’umbilicus, che in linea di massima dovevacoincidere col centro del capoluogo del
territorio) e l’orientamento generale della centuriazione: uno disposto da est a ovest, detto il decumanus maximus
(decumano massimo), l’altro disposto da nord a sud e perpendicolare al primo chiamato kardo maximus (cardine massimo).
Nella colonia di Ateste (alla quale apparteneva anche Arcole), legata alla deduzione di reduci della battaglia navale di Azio ai quali venne assegnata in proprietà una parte delle terre, furono realizzate varie centuriazioni, di cui alcune già note altre soltanto ipotizzate.
Fu questo il grande fenomeno della romanizzazione e la centuriazione atestina dovette avere un ruolo determinante nel trasformare l’antica Ateste, capitale dei Paleoveneti, nell’Ateste romana.
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