I primi ricordi dei caduti di Arcole
Subito dopo l’annuncio della vittoria, il 4 novembre 1918, a Verona e nella sua provincia, come nel resto dell’Italia, partì una concitata gara al monumento. L’immenso numero di vittime, di dispersi e di mutilati che ogni paese e frazione del Veronese aveva immolato alla patria, fece sorgere numerosi monumenti, steli, cippi, bassorilievi, che ci fanno comprendere la profonda partecipazione della popolazione alle vicende belliche ed alle loro conseguenze. In Italia, e quindi anche nel Veronese, il monumento venne spesso utilizzato come strumento propagandistico per diffondere ideali politici, ma anche per coinvolgere maggiormente la popolazione segnata dalla tragedia della guerra e, allo stesso tempo, per curarne le ferite morali.
Si diffuse quindi rapidamente la necessità “morale” di costruire il “monumento”, ossia un manufatto prodotto secondo tipologie differenti, facendo ricorso ad ogni possibile forma artistica e secondo le più varie dimensioni, in relazione ai fondi raccolti dai promotori.
Monumenti che intendevano custodire il significato al quale il termine rimanda, cioè la memoria (memento) insieme all’ammonimento, al monito. Anche ad Arcole, il 22 giugno 1919, l’allora sindaco Ruffo convocò alcune persone che diedero vita ad un comitato per “raccogliere offerte allo scopo di eternare nel marmo il ricordo di coloro che per la Patria hanno dato il fiore della loro giovinezza”. In un articolo del quotidiano “L’Arena”, intitolato “Ricordo ai Caduti”, è raccontata la cronaca dell’inaugurazione di una lapide dedicata ai Caduti di Arcole, avvenuta ad Arcole il 19 marzo 1920: “Anche ad Arcole, lo storico paese napoleonico, volle solennemente commemorare i suoi prodi figli caduti nell’immane guerra di redenzione. Un solerte Comitato si adoperò con alacrità instancabile ad organizzare le commemorazioni religiosa e civile che riuscirono imponenti”. Terminate le funzioni in chiesa “ebbe luogo lo scoprimento di una artistica lapide, murata sulla facciata del municipio, su cui sono incisi, in ordine alfabetico, i 29 valorosi combattenti caduti per la salvezza d’Italia.
Quantunque imperversasse una vera bufera di vento e acqua, tutti gli intervenuti, raccolti in religioso silenzio, davanti al sacro marmo, assistettero al patriottico discorso dell’oratore ufficiale cav. Avv. Checchetti di Cologna Veneta, che fu presentato alla cittadinanza dal nostro egregio sindaco cav. Uff. Ruffo…”. Quella lapide è ora murata alla sinistra dell’entrata alla scuola elementare di Arcole.
Il Comitato Pro Parco e il Monumento ai Caduti
Il 14 novembre del 1926 si costituì ad Arcole un “Comitato Pro Parco della Rimembranza e antenna con lampada votiva”, il cui direttivo era formato dal Podestà Luigi Rebesani, eletto presidente, dall’arciprete don Antonio Marcante, dal presidente dei combattenti, Augusto Magnabosco, dal segretario politico, Candido Pizzolo, ed inoltre da Vincenzo Todesco, Francesco Ruffo, don Giovanni Sbalchiero, Pompilio Rossi, Carlo Zamboni, Silvio Spiazzi. Nell’archivio del Comune si trova l’elenco dei “sottoscrittori pro Parco” che reca la data del 23 novembre 1926.
Una lettera del 20 dicembre 1926, recapitata a tutte le famiglie del Comune, da parte del Comitato, rese noto che “per onorare la memoria dei nostri prodi sol-dati che si immolarono per la grandezza della Patria, e tramandare il loro ricordo ai posteri affinchè traggano, dall’eroico sacrificio compiuto, incitamento ed esempio del come la Patria si serva e si ama, sorgerà nella Piazza Francesco Poggi di questo Comune il Parco della Rimembranza, con al centro un cippo marmoreo con il bollettino della vittoria, una lampada votiva che arderà perenne-mente ed una antenna veneziana”. La lettera invitava poi i cittadini a “contribuire con una offerta sempre gradita alla nostra pietosa opera, che oltre ad onora-re i morti dovrà dimostrare la gentilezza d’animo di tutti gli offerenti”.
Il 20 gennaio 1927 si riunì una commissione composta da Luigi Rebesani (presidente), Todesco Vincenzo, Pizzolo Candido, Rossi Pompilio, don Antonio Marcante e Zamboni Carlo, per la scelta del bozzetto relativo al monumento, tra quelli presentati dagli scultori prof. Egisto Zago, Vittorio di Colbertaldo ed il prof. Antonio Magnaguagno, a seguito di un concorso di idee. Dopo aver attentamente esaminato i bozzetti prodotti, la commissione scelse il bozzetto dello scultore V. di Colbertaldo. Nella relazione del bozzetto per il monumento ai Caduti, Vittorio di Colbertaldo scrisse di aver ideato una base architettonica per antenna veneziana, arricchita da figure e motivi in scultura, ispiran-dosi alle norme contenute nel bando di concorso. Nell’illustrare il suo progetto lo scultore previde che, sopra un terrapieno erboso, si doveva elevare la mole del monumento, costituita da una prima sagomatura quadrangolare che portava sugli spigoli il Fascio Littorio, sostenuta da una larga base in marmo, anch’essa quadrangolare. Su questa prima parte del monumento si impostava un grande blocco che portava inciso in fronte il Bollettino della Vittoria e la dedica. Per lo scultore, il monumento, previsto con un’altezza di ml. 5, doveva essere rea-lizzato in marmo (nembro giallo) di S. Ambrogio lucidato, mentre i fasci littori sugli spigoli e i due altorilievi dovevano essere fusi in bronzo.
Subito dopo l’annuncio della vittoria, il 4 novembre 1918, a Verona e nella sua provincia, come nel resto dell’Italia, partì una concitata gara al monumento. L’immenso numero di vittime, di dispersi e di mutilati che ogni paese e frazione del Veronese aveva immolato alla patria, fece sorgere numerosi monumenti, steli, cippi, bassorilievi, che ci fanno comprendere la profonda partecipazione della popolazione alle vicende belliche ed alle loro conseguenze. In Italia, e quindi anche nel Veronese, il monumento venne spesso utilizzato come strumento propagandistico per diffondere ideali politici, ma anche per coinvolgere maggiormente la popolazione segnata dalla tragedia della guerra e, allo stesso tempo, per curarne le ferite morali.
Si diffuse quindi rapidamente la necessità “morale” di costruire il “monumento”, ossia un manufatto prodotto secondo tipologie differenti, facendo ricorso ad ogni possibile forma artistica e secondo le più varie dimensioni, in relazione ai fondi raccolti dai promotori.
Monumenti che intendevano custodire il significato al quale il termine rimanda, cioè la memoria (memento) insieme all’ammonimento, al monito. Anche ad Arcole, il 22 giugno 1919, l’allora sindaco Ruffo convocò alcune persone che diedero vita ad un comitato per “raccogliere offerte allo scopo di eternare nel marmo il ricordo di coloro che per la Patria hanno dato il fiore della loro giovinezza”. In un articolo del quotidiano “L’Arena”, intitolato “Ricordo ai Caduti”, è raccontata la cronaca dell’inaugurazione di una lapide dedicata ai Caduti di Arcole, avvenuta ad Arcole il 19 marzo 1920: “Anche ad Arcole, lo storico paese napoleonico, volle solennemente commemorare i suoi prodi figli caduti nell’immane guerra di redenzione. Un solerte Comitato si adoperò con alacrità instancabile ad organizzare le commemorazioni religiosa e civile che riuscirono imponenti”. Terminate le funzioni in chiesa “ebbe luogo lo scoprimento di una artistica lapide, murata sulla facciata del municipio, su cui sono incisi, in ordine alfabetico, i 29 valorosi combattenti caduti per la salvezza d’Italia.
Quantunque imperversasse una vera bufera di vento e acqua, tutti gli intervenuti, raccolti in religioso silenzio, davanti al sacro marmo, assistettero al patriottico discorso dell’oratore ufficiale cav. Avv. Checchetti di Cologna Veneta, che fu presentato alla cittadinanza dal nostro egregio sindaco cav. Uff. Ruffo…”. Quella lapide è ora murata alla sinistra dell’entrata alla scuola elementare di Arcole.
Il Comitato Pro Parco e il Monumento ai Caduti
Il 14 novembre del 1926 si costituì ad Arcole un “Comitato Pro Parco della Rimembranza e antenna con lampada votiva”, il cui direttivo era formato dal Podestà Luigi Rebesani, eletto presidente, dall’arciprete don Antonio Marcante, dal presidente dei combattenti, Augusto Magnabosco, dal segretario politico, Candido Pizzolo, ed inoltre da Vincenzo Todesco, Francesco Ruffo, don Giovanni Sbalchiero, Pompilio Rossi, Carlo Zamboni, Silvio Spiazzi. Nell’archivio del Comune si trova l’elenco dei “sottoscrittori pro Parco” che reca la data del 23 novembre 1926.
Una lettera del 20 dicembre 1926, recapitata a tutte le famiglie del Comune, da parte del Comitato, rese noto che “per onorare la memoria dei nostri prodi sol-dati che si immolarono per la grandezza della Patria, e tramandare il loro ricordo ai posteri affinchè traggano, dall’eroico sacrificio compiuto, incitamento ed esempio del come la Patria si serva e si ama, sorgerà nella Piazza Francesco Poggi di questo Comune il Parco della Rimembranza, con al centro un cippo marmoreo con il bollettino della vittoria, una lampada votiva che arderà perenne-mente ed una antenna veneziana”. La lettera invitava poi i cittadini a “contribuire con una offerta sempre gradita alla nostra pietosa opera, che oltre ad onora-re i morti dovrà dimostrare la gentilezza d’animo di tutti gli offerenti”.
Il 20 gennaio 1927 si riunì una commissione composta da Luigi Rebesani (presidente), Todesco Vincenzo, Pizzolo Candido, Rossi Pompilio, don Antonio Marcante e Zamboni Carlo, per la scelta del bozzetto relativo al monumento, tra quelli presentati dagli scultori prof. Egisto Zago, Vittorio di Colbertaldo ed il prof. Antonio Magnaguagno, a seguito di un concorso di idee. Dopo aver attentamente esaminato i bozzetti prodotti, la commissione scelse il bozzetto dello scultore V. di Colbertaldo. Nella relazione del bozzetto per il monumento ai Caduti, Vittorio di Colbertaldo scrisse di aver ideato una base architettonica per antenna veneziana, arricchita da figure e motivi in scultura, ispiran-dosi alle norme contenute nel bando di concorso. Nell’illustrare il suo progetto lo scultore previde che, sopra un terrapieno erboso, si doveva elevare la mole del monumento, costituita da una prima sagomatura quadrangolare che portava sugli spigoli il Fascio Littorio, sostenuta da una larga base in marmo, anch’essa quadrangolare. Su questa prima parte del monumento si impostava un grande blocco che portava inciso in fronte il Bollettino della Vittoria e la dedica. Per lo scultore, il monumento, previsto con un’altezza di ml. 5, doveva essere rea-lizzato in marmo (nembro giallo) di S. Ambrogio lucidato, mentre i fasci littori sugli spigoli e i due altorilievi dovevano essere fusi in bronzo.